abbellimenti artistici dipinto murale presso Casa Alacqua Mestre Venezia “Concordia et Abundantia”
Dipinto murale realizzato direttamente a parete con pitture speciali e foglia oro 24 kt. Le dimensioni complessive sono di circa metri 4 per 2,5. I soggetti sono figurativi e dedicati alla musica, simbolo dell’armonia ed alla cornucopia, simbolo dell’abbondanza.
L’opera è stata trattata con tonalità del rosa e del grigio per emulare la pietra dura rodocrosite, secondo i desideri del committente dr. Alacqua.
La figura umana, nelle forme dei puttini e delle fanciulle, è il soggetto preferito da Mario Eremita. L’umanità attraversa integralmente tutta l’immaginazione di questo artista: dalla grazia all’apocalisse.
Anche nei lavori commissionati, che necessariamente debbono essere eseguiti nel solco di precise esigenze, l’artista di valore è in grado di rendere il proprio personale tratto senza snaturarsi, bensì ampliando la codificazione.
la Coltrina di Venezia, dipinto su stoffa, palio della Regata Storica di Venezia.
Opera realizzata da Mario Eremita per la Regata Storica di Venezia edizioni 2016/2020.
Genesi dell’opera
nella primavera del 2016 il delegato alle tradizioni Giovanni Giusto si rivolge al curatore della Galleria d’Arte III Millennio di Venezia dr. Nicola Eremita esprimendo il desiderio di realizzare un premio per i regatanti della Regata Storica. Egli pensa a un piccolo vessillo, un fazzoletto, da consegnare al primo classificato della regata maschile.
Da quella primitiva idea il curatore immagina di dare forma ad una novella tradizione veneziana che possa nascere quel settembre del 2016 e proseguire quindi nel tempo. L’ispirazione viene dallo storico Palio di Siena. Nicola Eremita suggerisce quindi il nome de “La Coltrina di Venezia” per l’opera che esegue il maestro Mario Eremita. È qualcosa di molto diverso da ciò che ha abbozzato il sig. Giusto, qualcosa che può arricchire le tradizioni veneziane dando loro un taglio vivo e contemporaneo.
Il delegato Giusto condivide informalmente l’idea e il maestro Mario Eremita esegue l’opera decidendo quindi di donarla al Comune di Venezia a patto che essa, dopo l’esposizione sulla Machina venga esposta stabilmente in una sede istituzionale di pubblico accesso.
Oltre al nome “La Coltrina di Venezia”, Nicola Eremita indica anche una serie d’iniziative complementari necessarie ad assegnare alla nuova tradizione la continuità. Propone d’istituire un comitato per la selezione di nuove edizioni de “La Coltrina di Venezia” al fine di coinvolgere gli artisti. Propone quindi di creare col tempo uno spazio pubblico in cui esporre in maniera stabile le opere che col tempo si sarebbero moltiplicate e quindi di portarle in corteo in occasione della Festa della Sensa, del Redentore, della Regata Storica, della Festa di Santa Maria della Salute.
Purtroppo tutte queste idee vengono lasciate cadere nel vuoto, si realizza un’unica edizione della Coltrina ( quella appunto del maestro Mario Eremita ) e nemmeno la richiesta dell’artista viene ottemperata. La Coltrina di Venezia rimane dal 2016 nell’ufficio del delegato Giusto, inaccessibile al pubblico e quindi oscurata e senza il riconoscimento che merita.
Caratteristiche
Pezza di stoffa dipinta dimensioni cm 139,5 x 228,50. È composta da stoffa in viscosa con numero sei frange di dimensioni cm 15 ( larghezza ) x 10,5 ( altezza ) e sei asole di sostegno nella parte alta di dimensioni cm 15 ( larghezza ) x 6,5 ( altezza ). L’opera è circondata per tutto il perimetro da un cordone in tessuto multicolore del diametro di cm 1.
Descrizione
il dipinto intende solcare le tradizioni culturali e i simbolismi della Serenissima Repubblica di Venezia, storia di questo territorio e causa dell’esistenza della città lagunare e del suo ineguagliato contributo nello sviluppo sociale politico ed economico della comunità umana. Paragonabile solamente alla civiltà dell’antica grecia od a quella cinese. Sostituita, dalla fine del settecento, dalla civiltà anglosassone che oggi è l’unica legittima erede dello splendore veneziano. Non stupisce, infatti, il nesso culturale che mantiene tutt’oggi simbolicamente legate Venezia e New York.
La Coltrina del Maestro Mario Eremita si caratterizza per una marcata simmetria frontale e per la posa ieratica di Venezia in omaggio agli avi bizantini. Dall’alto possiamo apprezzare la data 1489, anno in cui la Regina Cornaro di Cipro abdicò e fece ritorno a Venezia ricevendo un’accoglienza trionfale a bordo del Bucintoro, sfilò lungo il Canal Grande e ottenne il rango di Signora di Asolo rimanendole anche il titolo di Regina. Quella del 06 giugno 1489 fu una giornata memorabile e ad essa l’artista ha voluto dedicare questa Coltrina.
L’insieme rappresenta il Trono su cui siede Venezia; esso è realizzato nella bianca pietra d’istria con cui gran parte di Venezia è costruita. Ecco quindi il Leone Alato che occupa la parte alta del Trono. Esso è qui rappresentato non in fattezze antropomorfe ma nella reale costituzione morfologica di un leone africano, simbolo dell’Evangelista Marco. Si noti il ventre asciutto le zampe snelle ed atte alla corsa, l’ampia criniera. Il Leone è albino in omaggio alla pietra d’istria che fu il materiale privilegiato per la manifattura di questo importante simbolo, ed anche per delineare la particolarità e la rarità della sua progenie che si distingue. Entrambe le zampe anteriori del Leone poggiano sul libro che riporta la celebre frase latina: “pax tibi Marce Evangelista meus.” La pace sia con te o Marco, mio Evangelista. Tale posa intende rappresentare l’interezza del territorio veneziano, sia di terra che di mare e rafforzare il primario intento della Repubblica Serenissima che voleva il prevalere della diplomazia e dello scambio sull’uso della forza.
Il Leone si staglia sullo sfondo blu stellato, omaggio alla rappresentazione collocata sulla Torre dell’Orologio. Avanti e sotto il Leone ecco Venezia che siede regalmente. Indossa la corona che la rende Regina dell’Adriatico; indossa mantelli che richiamano i colori dell’aurora e del tramonto caratteristici della Laguna; quindi il colore rosso della bandiera con le sue tipiche decorazioni. La posa di Venezia è ieratica e decisa, impostata a significare la propria grandezza, potenza e grazia regale; ella apre le braccia esponendo al mondo il suo gioiello: l’accesso alla città dalla Piazzetta delle Colonne di San Marco e San Todaro, il Palazzo Ducale la Biblioteca Marciana e la Basilica. Nella mano destra regge lo scettro con i rami d’ulivo, simbolo del potere nella pace e, nella sinistra l’uroboro che simboleggia la circolarità del tempo. Il grembo verde-azzurro è del colore che simboleggia l’acqua della laguna e sulla veste di Venezia, più in basso, fluttuano le barche della Regata Storica, le Bissone, la Serenissima, i Gondolini, le Mascarete, i Pupparini, le Caorline. Più in basso il nizioleto con la dicitura “Venezia Regata Storica” e la firma dell’artista Mario Eremita. La cornice di foglie d’edera a simboleggiare la fedeltà e l’amore e la cornice di rami d’ulivo per la pace, inquadrano la composizione.
Analisi dell’opera
Il dipinto è di primario intento simbolico ed in particolare, interpreta la quieta e sicura potenza della Serenissima, rievocandone la gloria del suo massimo splendore originario che fu dal XIII secolo in poi.
In questo senso l’artista ha voluto riferirsi alla pittura bizantina ed a quella rinascimentale. Bizantina nelle pose ieratiche nella compostezza statuaria nelle simmetrie e nella sequenzialità espositiva; rinascimentale nel trattamento del colore, nello sfondamento prospettico ( la Piazzetta di San Marco ) e nell’uso di diversi piani; qui ve ne sono ben sette: lo sfondo blu notte, il trono, il leone, venezia, le vesti, san marco, le barche; pressocché sovrapposti, quasi livellati ma distintamente ben separati ed indipendenti seppur tenacemente armonizzati dal sublime uso del colore, dello sfumato, delle mezze tinte.
La sensazione che prova lo spettatore è di possanza; il desiderio di appartenenza a questa felice simbologia conquista e coinvolge. Particolare, il dinamismo delle ali del leone insieme alla vaporosa criniera, danno l’impressione che il felino sia in volo. L’acconciatura di Venezia si fa poi bandiera svolgendosi verso il basso come un fiume nascosto che sfoci nella laguna aperta; nascosto dalle aurore e dai tramonti veneziani interpretati dalle voluminose maniche drappeggiate.
Il volto è lineare fine e delicato ma fermo e deciso, ci osserva con fierezza ed olimpica calma. Dal grembo verde-azzurro emerge l’architettura pallida e onirica mentre sotto, le barche colorate, muovono alla volta del Canal Grande per svolgere la Regata fluttuando sulla veste che si fa acqua.
Lo sfondo blu notte riquadra appena gli angoli in alto rimarcando il contrasto tra buio e luce, quest’ultima incarnata dalla venezianità intera. L’opera è inconfondibilmente dell’artista Mario Eremita di cui originali e tipici sono gli stilemi: le forme degli arti, lo sfumato, la pittura di luce, le volumetrie ed i delicatissimi riferimenti simbolici presenti non solo nelle forme ma anche nel colore. La modalità di lettura dell’opera è dall’alto al basso.
Gli artisti associati di CAOS si propongono per la progettazione e la realizzazione di monumenti celebrativi e commemorativi. Il tema è frutto della consultazione del committente e di un approfondito esame filologico teso ad individuare le caratteristiche formali, simboliche, allegoriche e contenutistiche dell’opera.
La predilezione per temi figurativi, che diano quindi centralità alla figura umana, non preclude la possibilità di creazioni astratte, in particolare grazie alla collaborazione con l’architetto artista Michelangelo Eremita che ha sviluppato questo particolare genere di formalismo.
Circa l’opportunità dell’arte nella vita quotidiana
Nella storia la bellezza è un attributo o un valore estetico relativo, legato alle civiltà umane nel loro divenire. Essa non è un valore assoluto.
Nell’arte la bellezza soggiace alla capacità dell’artista di costruire un sistema coerente di significati astratti, di concetti e di valori e soggiace anche alla capacità di trasmetterli integri e con estrema sintesi ed efficacia tali da raggiungere direttamente chi è in grado di coglierli.
L’arte non ha bisogno di spiegarsi, non deve essere tradotta o interpretata; l’arte può essere letta capita accolta amata; ma, in essa, la bellezza è un valore assoluto.
L’arte non trasmette valori soggettivi, essa non è etica; si rifà a regole basilari e fondamentali, misteriose, legate all’illusione, alla menzogna, al sogno, forse alle nostre paure ancestrali.
Per questo espressioni belle dell’arte contengono messaggi che possono essere colti in ogni momento e ovunque assumendo tratti di assolutezza o dandone l’illusione.
Le domande che dobbiamo porci e porre oggi ai nostri figli sono le seguenti: “quanta conoscenza dell’arte c’è in noi?”; “quanta di questa conoscenza è al servizio dell’uomo?”
È necessaria una vera riflessione sulla necessità di conquistare una società umana basata sulla conoscenza e sull’arte; quindi una società oggettivamente bella.
L’attenzione verso l’arte deve essere coltivata nei nostri figli fin dalla loro più tenera età. Dobbiamo portare i bambini nei musei, nelle pinacoteche, dobbiamo pretendere che le scuole forniscano insegnanti di Storia dell’Arte e non solo di Disegno; dobbiamo pretendere che questi insegnanti trasmettano l’amore per l’arte.
Comprendere l’arte significa saper vedere e saper vedere è un obiettivo arduo da raggiungere; non basta, a volte, una vita. Bisogna quindi indicare la strada ai giovani affinché possano scegliere.
Ipotesi e progetti per un rinascimento delle arti
Oggi, non solo le Istituzioni Religiose o i Privati Collezionisti ma anche e forse soprattutto, gli Amministratori Pubblici, svolgono un’importante funzione nello sviluppo della sensibilità della gente nei confronti dell’arte. Loro hanno la possibilità di ricucire un’enorme frattura che dal XX secolo si è creata tra il popolo e l’arte contemporanea.
L’arte deve ritornare vicino alla gente per porre le basi di una sua rinascita. Nella progettazione dei Piani Regolatori, delle zone residenziali e nella futura riprogettazione delle avvilenti zone industriali, recentemente sfiduciate dalle catastrofi naturali, si deve ritornare a porre al centro l’uomo e l’umanità e questo passa anche da un’attenta ricerca e selezione di artisti adatti a compiere delle opere che rendano coesa la comunità. Opere attorno alle quali la comunità umana possa stringersi, esattamente come accadeva nel nostro rinascimento con il contributo della Chiesa ma anche di illuminati e consapevoli Dominanti, come Federico da Montefeltro o Sigismondo Malatesta o Lorenzo Dei Medici.
Tale lavoro ha delle forti basi politiche; chi vorrà assumersi questa piacevole ed avvincente responsabilità otterrà la storia. Chi sarà in grado di arricchire la comunità di ciò che è creato per essa e non di costruito per un preteso onore alla medesima “arte” avrà creato mille possibilità ai suoi concittadini.
In queste pagine abbiamo voluto presentare alcuni bozzetti di grandi opere al solo fine di dare un’idea delle possibilità che offre l’immaginazione dell’artista Mario Eremita e dell’architetto artista Michelangelo Eremita.
Il Glorioso Cammino
Il concept prevede un’opera in bassorilievo incastonata in un fondo di mosaico marmoreo e vitreo.
Questo ampio bassorilievo è dedicato alla memoria del Maresciallo Felice Maritano ma non vuole essere un monumento funebre o meramente commemorativo. Si tratta di un’opera di solido contenuto figurativo e simbolico che, tuttavia, intende affrontare la difficoltà dell’articolazione retorica, con particolare delicatezza originalità e discrezione, lasciando ampio spazio a sottili riferimenti all’arte greca e bizantina.
L’esigenza primaria dell’artista è quella di comunicare ai famigliari dell’eroe, in particolare ai figli; di dare a loro per primi il fermo riconoscimento del valore della persona ben prima che del soldato e dell’ufficiale dell’Arma. Perché si nasce eroi, si nasce con quella particolare empatia che fa certe persone così speciali. Comunicando idealmente ai figli del Maresciallo, l’artista apre un dialogo con i giovani allievi sottufficiali della Scuola, che avranno avanti a loro un’opera dove la retorica muscolare è tralasciata, rispetto al primato della ragione e della lucida volontà, che sorge dalla mente e non dalla forza fisica.
Ecco quindi l’esigenza figurativa e non concettuale o formalmente astratta. Ogni soggetto qui ha una sua esistenza, una sua tensione vitale, non sono semplici presenze fisiche ma esseri che vivono la loro personale esperienza nel mondo e che sono qui per un motivo che li accomuna in differenti modi, ognuno simbolico ed evocativo; ad esempio gli stessi cavalli hanno pose differenti che ne individuano la singola emotività. La simmetria assiale è seguita per dare il significato di ordine e solennità, pur venendo meno in prossimità dell’altare, dove, alla destra ed alla sinistra della Vittoria Alata, si presentano l’Italia Turrita ed il “Milite Simbolico” impersonato dalla figura mitologica di Ettore.
Dando seguito alla lettura dell’opera, alle due estremità troviamo imponenti alberi: una quercia ed un olivo, che introducono subito l’idea naturalistica e vitale del contesto e rappresentano la solidità e la resilienza di una società basata sul diritto, oltreché evocare il potere dei valori della famiglia. La quercia ha numerose simbologie in varie culture e nella storia. Essa è considerata l’albero della vita, della saggezza, della forza, della capacità di superare momenti difficili. Le sue possenti chiome e poderose radici auspicano l’unità del focolare e la fertilità, intesa anche come significato astratto di fertilità d’idee e di valori. Nell’araldica la quercia è l’albero più nobile ed incarna i più positivi valori; tra i molti qui s’evidenzia quello dello spirito indomito e coraggioso. L’olivo, anch’esso, simboleggia valori positivi: la pace, la vittoria, la fama e la gloria immortale. Entrambe le piante sono rappresentate all’estremità per includere tutta la scena e dare ad essa un senso di raccoglimento spirituale e materiale all’interno di questi valori condivisi.
Ai piedi degli alberi vi sono due grossi cani lupo, accucciati ma con le orecchie tese e lo sguardo vigile rivolto all’altare. Sono il simbolo della fedeltà ma anche dell’attenzione e dell’affezione verso la gerarchia e l’autorevolezza; essi, inoltre, impersonificano il ragionamento induttivo proprio dell’intuito originato dall’istinto. Questa è una qualità fondamentale per il capace uomo d’armi, per il talentuoso investigatore che dissolve le trame del male.
Dopo il cane lupo seguono, per ogni lato, quattro gruppi di tre figure umane. I gruppi di tre hanno la funzione di evocare le tre forze dell’animo umano: intelligenza volontà memoria. I quattro gruppi simboleggiano tutto il creato: terra acqua aria fuoco. Il primo gruppo di tre è costituito da Carabinieri a Cavallo in Grande Uniforme con Lucerna. Qui interessante, come già accennato, è la posa dei destrieri, ognuno con la sua particolare emotività: c’è quello che vuole indietreggiare, quello che avanza, quello che morde le redini, quello che freme eccitato. Questi animali rappresentano il progresso dell’uomo nel suo duplice significato, positivo e negativo. Il primo come avanzamento tecnologico e scientifico, il secondo come travolgente impeto della guerra di conquista; ecco perché vanno trattenuti, controllati e saggiamente guidati dall’autorevolezza e dall’ordine del diritto e del potere esecutivo.
Seguono i Carabinieri in Grande Uniforme con Lucerna e Sciabola; la loro posa è di guardia, conforme al protocollo militare; non salutano l’Ufficiale in quanto non vi sono di fronte ma al fianco e quindi sono nell’esatta posizione della vigilanza. Sono figure ieratiche come la Vittoria Alata; questo perché incarnano un’istituzione che dev’essere equa, neutrale, incorruttibile e fedele ai principi fondamentali che sono sanciti nella normativa morale, che sempre introduce ogni Regolamento dell’Arma. Dai Carabinieri in poi è costruita una struttura elevata che ha duplice funzione:
tecnicamente, consente di mantenere lo svolgimento della scena sullo stesso piano visivo dei cavalieri e quindi di dare la necessaria rilevanza a ciò che si rappresenta;
formalmente segna un passaggio, una transizione da valori terreni a valori spirituali, i tre carabinieri sono presidio di questa transizione.
Tutta l’opera è costruita come un doppio climax che, dalle due estremità, procede verso il centro; un climax di emozioni e riferimenti simbolici.
Procediamo.
I carabinieri di guardia sono all’estremità della parte più centrale dell’opera perché questa contiene i riferimenti evocativi e rituali più pregnanti e particolari. Se gli alberi i cani i cavalli ed i cavalieri esponevano significati più ampi ed universali; dopo i carabinieri di guardia s’accede ad un mondo più spirituale. Ecco le tre figure femminili che suonano la tuba e i tre fanciulli che percuotono i tamburi. Sono adolescenti e bambini in abiti non moderni ma riferiti ad una realtà atemporale o mistica o mitologica. Le prime richiamano le Nikai, che incontrano gli eroi delle battaglie o gli eroi delle gare, fornendo loro i migliori auspici.
Si sfuma qui il contatto con la contemporaneità ma, direi meglio, con la quotidianità. Entriamo nel mondo dei miti, popolato da entità quasi astratte o di cui il lontano ricordo ci ha lasciato solo l’aura del mito; ci avviciniamo all’altare di Maritano. L’artista ha inteso richiamare la musica in questo settore dell’opera, poiché essa è la sua seconda grande musa; ma anche perché è qui il ruolo fondamentale dell’armonia e del ritmo, nello scandire molti aspetti dell’agire umano. La battaglia, così come la gara, così come la crescita di un ragazzo, sono stabiliti con un particolare tempo, una particolare accordatura. Le donne dell’antichità scoprirono che, al battere del tamburo, la pianticella cresce meglio e più in fretta; cogliendone una misteriosa forza vitale, iniziarono ad usare questo strumento per accompagnare il passaggio all’aldilà o per richiamare le anime dal mondo dei morti in lunghe sedute sciamaniche. Intere civiltà usarono suoni ritmati e, potenti, rigorose, armonie per creare il timore nell’avversario, per moltiplicare il carisma dei condottieri e degli eserciti, per tenere alto il morale delle truppe.
Ecco quindi i tre fanciulli coi tamburi. Dai buoni auspici, elevati con l’inno metallico della tuba delle Nikai, al risucchio soprannaturale dell’estasi ritmica con cui si concede al meritevole trapassato, ancora e per sempre, un afflato di forza vitale, al fine di mai rescindere il legame della vita; anzi, di rievocarne lo spirito e trasmetterlo, per empatia, a coloro che siano esposti ai battiti ritmati e tradotti in un’ideale armonia muta, i fruitori dell’opera ad esempio. Fanciulle e fanciulli fatti musici; perché sia dall’innocenza e dal candore di chi è ancora estraneo alle afflizioni umane, che provengano inni e ritmi. Quindi, come già enunciato, nessun riferimento funebre ma, semmai, molteplici riferimenti vitali e spirituali, con la più spontanea affezione per ciò che dello spirito è limpido ed universale.
Oltrepassati i musici, entriamo nel vivo di una rappresentazione che si fa completamente ultraterrena e pienamente simbolica. Al centro di essa è collocato l’altare dedicato al Maresciallo Felice Maritano. È un luogo in cui converge ogni forza ed ogni valore evocato dall’opera; è il fulcro ed il punto di equilibrio di tutto; attorno ad esso è naturale che possano manifestarsi gli esiti di questi contenuti, come, nell’atto di sacrificio, si manifestò la somma spiritualità della forza morale e compassionevole; condotta lungo un’intera esistenza di rettitudine. Accade perciò che l’atmosfera sopra l’altare s’illumina di luce dorata; poco prima che lì d’appresso si materializzino due solenni figure puramente simboliche. A sinistra di chi osserva appare la personificazione dell’Italia Turrita che porta, nella man destra, il ramoscello di palma simbolo dei valori cristiani e del martirio; a destra di chi osserva si delinea il “Milite Simbolico” in vesti atemporali e mitiche, impersonificato da Ettore di Troia; colui che, per impedire al nemico il sopravvento, l’affronta facendo scudo alla sua gente. Queste due presenze s’approssimano discretamente all’altare mantenendo una leggera distanza di rispetto e tendono la mano verso la terza che, dopo di loro e grazie a loro, si svela: la Vittoria Alata emerge dall’altare con lunghe e lievi vesti e leggiadre ali; ma forti e delineate. Costei è in posa ieratica e muta, indifferente al censo al potere alle referenze, ella è la Vittoria del Giusto, non la vittoria del soverchiatore. Le sue mani porge ai due convenuti in segno di condivisione ma anche al fine di donare ad entrambi ancora un’altra luce. Ecco compiuta l’ultima e più cogente trinità: il senso della Patria, il senso della Giustizia, il senso del Sacrificio. Preziosi significati, del tutto astratti e, quindi, delicati e fragili, se non conservati e tramandati con convinzione ed amore; non imposti od inculcati con roboante retorica ma offerti alla comprensione con pazienza, rispetto ed empatia, in un mondo in continuo e controverso cambiamento, con la certezza che siano valori immortali e universali, con la consapevolezza che sempre essi saranno aggrediti e vilipesi; ma che solamente l’integrità e l’umanità dei loro promulgatori e dei loro difensori potrà tramandare, migliorandoli.
Quest’opera è quindi un cammino verso l’astrazione che, dai valori più concreti e terreni ( alberi cani cavalli ) porta ai valori più alti ed ideali ( patria giustizia sacrificio ), cammino che, dalla forza della fisicità porta alla forza della mente e della spiritualità; cammino che, nella delicata e discreta rappresentazione plastica, evidenzia tutta la sua fragilità ed impermanenza, se esso rimane privo del contributo delle persone comuni. Le idee ed i valori viaggiano sempre sulle gambe delle persone.
La cromaticità dell’opera è minima per esaltarne il rigore e conferire il tono drammatico, bilanciando la dolcezza delle figure. Lo sfondo musivo è in tonalità di marmo grigio/verde e grigio/blu a sfumare; mentre la parte sovrastante l’altare è in mosaico vitreo con oro 24kt al fine di dare sacralità e luminosità al fulcro dell’intero lavoro. Le sculture in bassorilievo sono sostanzialmente monocromatiche.
Gli artisti associati di CAOS si propongono per la progettazione e la realizzazione di monumenti celebrativi e commemorativi. Il tema è frutto della consultazione del committente e di un approfondito esame filologico teso ad individuare le caratteristiche formali, simboliche, allegoriche e contenutistiche dell’opera.
La predilezione per temi figurativi, che diano quindi centralità alla figura umana, non preclude la possibilità di creazioni astratte, in particolare grazie alla collaborazione con l’architetto artista Michelangelo Eremita che ha sviluppato questo particolare genere di formalismo.
Circa l’opportunità dell’arte nella vita quotidiana
Nella storia la bellezza è un attributo o un valore estetico relativo, legato alle civiltà umane nel loro divenire. Essa non è un valore assoluto.
Nell’arte la bellezza soggiace alla capacità dell’artista di costruire un sistema coerente di significati astratti, di concetti e di valori e soggiace anche alla capacità di trasmetterli integri e con estrema sintesi ed efficacia tali da raggiungere direttamente chi è in grado di coglierli.
L’arte non ha bisogno di spiegarsi, non deve essere tradotta o interpretata; l’arte può essere letta capita accolta amata; ma, in essa, la bellezza è un valore assoluto.
L’arte non trasmette valori soggettivi, essa non è etica; si rifà a regole basilari e fondamentali, misteriose, legate all’illusione, alla menzogna, al sogno, forse alle nostre paure ancestrali.
Per questo espressioni belle dell’arte contengono messaggi che possono essere colti in ogni momento e ovunque assumendo tratti di assolutezza o dandone l’illusione.
Le domande che dobbiamo porci e porre oggi ai nostri figli sono le seguenti: “quanta conoscenza dell’arte c’è in noi?”; “quanta di questa conoscenza è al servizio dell’uomo?”
È necessaria una vera riflessione sulla necessità di conquistare una società umana basata sulla conoscenza e sull’arte; quindi una società oggettivamente bella.
L’attenzione verso l’arte deve essere coltivata nei nostri figli fin dalla loro più tenera età. Dobbiamo portare i bambini nei musei, nelle pinacoteche, dobbiamo pretendere che le scuole forniscano insegnanti di Storia dell’Arte e non solo di Disegno; dobbiamo pretendere che questi insegnanti trasmettano l’amore per l’arte.
Comprendere l’arte significa saper vedere e saper vedere è un obiettivo arduo da raggiungere; non basta, a volte, una vita. Bisogna quindi indicare la strada ai giovani affinché possano scegliere.
Ipotesi e progetti per un rinascimento delle arti
Oggi, non solo le Istituzioni Religiose o i Privati Collezionisti ma anche e forse soprattutto, gli Amministratori Pubblici, svolgono un’importante funzione nello sviluppo della sensibilità della gente nei confronti dell’arte. Loro hanno la possibilità di ricucire un’enorme frattura che dal XX secolo si è creata tra il popolo e l’arte contemporanea.
L’arte deve ritornare vicino alla gente per porre le basi di una sua rinascita. Nella progettazione dei Piani Regolatori, delle zone residenziali e nella futura riprogettazione delle avvilenti zone industriali, recentemente sfiduciate dalle catastrofi naturali, si deve ritornare a porre al centro l’uomo e l’umanità e questo passa anche da un’attenta ricerca e selezione di artisti adatti a compiere delle opere che rendano coesa la comunità. Opere attorno alle quali la comunità umana possa stringersi, esattamente come accadeva nel nostro rinascimento con il contributo della Chiesa ma anche di illuminati e consapevoli Dominanti, come Federico da Montefeltro o Sigismondo Malatesta o Lorenzo Dei Medici.
Tale lavoro ha delle forti basi politiche; chi vorrà assumersi questa piacevole ed avvincente responsabilità otterrà la storia. Chi sarà in grado di arricchire la comunità di ciò che è creato per essa e non di costruito per un preteso onore alla medesima “arte” avrà creato mille possibilità ai suoi concittadini.
In queste pagine abbiamo voluto presentare alcuni bozzetti di grandi opere al solo fine di dare un’idea delle possibilità che offre l’immaginazione dell’artista Mario Eremita e dell’architetto artista Michelangelo Eremita.
Tanit e l’aquila
La scultura in bronzo rappresenta una figura femminile ( Tanit, dea della fertilità cartaginese ) con alcuni riferimenti agli abiti tradizionali sardi che emerge da un’intricata impalcatura corallina.
La scultura in bronzo è modellata in creta e successivamente preparata per la fusione a cera persa; ne sarà eseguito un solo esemplare, dopodiché il modello in creta sarà distrutto. Dopo le opportune rifiniture la statua verrà lucidata conservandone le leggere incrostazioni del verde naturale dell’ossidazione.
Il basamento si integra con l’opera fornendo ad essa un sostegno dinamico fortemente aggettante ed allungato. Questo elemento verticale, non ortogonale al suolo, segue una traiettoria sinuosa ed evoca il nesso tra i movimenti naturali del mare e del cielo; al suo apice si colloca un capitello di vaga somiglianza ionica.
Si tratta di un’opera che propone le istanze dell’arte figurativa simbolista. Il corpo umano, sempre osservato dal basso verso l’alto, segue un andamento spiraliforme che, dalle radici dei coralli, si dispiega fino al braccio destro, proteso in alto, sul quale poggia l’aquila reale sarda in procinto di spiccare il volo.
Il tema portante è la fertilità, che pone le sue origini nel mare, diviene corallo, prezioso sostegno per il simbolo terreno ed umano della fertilità e quindi s’incarna in quello stesso simbolo nella figura femminile che è, a sua volta, fulcro dell’anelito al volo del nobile volatile dell’isola. Il basamento ha il compito di elevare l’insieme della figura simbolica al fine di caricarla di tensione drammatica, valenza spirituale e sottile connotazione surrealistica.
Gli artisti associati di CAOS si propongono per la progettazione e la realizzazione di monumenti celebrativi e commemorativi. Il tema è frutto della consultazione del committente e di un approfondito esame filologico teso ad individuare le caratteristiche formali, simboliche, allegoriche e contenutistiche dell’opera.
La predilezione per temi figurativi, che diano quindi centralità alla figura umana, non preclude la possibilità di creazioni astratte, in particolare grazie alla collaborazione con l’architetto artista Michelangelo Eremita che ha sviluppato questo particolare genere di formalismo.
Circa l’opportunità dell’arte nella vita quotidiana
Nella storia la bellezza è un attributo o un valore estetico relativo, legato alle civiltà umane nel loro divenire. Essa non è un valore assoluto.
Nell’arte la bellezza soggiace alla capacità dell’artista di costruire un sistema coerente di significati astratti, di concetti e di valori e soggiace anche alla capacità di trasmetterli integri e con estrema sintesi ed efficacia tali da raggiungere direttamente chi è in grado di coglierli.
L’arte non ha bisogno di spiegarsi, non deve essere tradotta o interpretata; l’arte può essere letta capita accolta amata; ma, in essa, la bellezza è un valore assoluto.
L’arte non trasmette valori soggettivi, essa non è etica; si rifà a regole basilari e fondamentali, misteriose, legate all’illusione, alla menzogna, al sogno, forse alle nostre paure ancestrali.
Per questo espressioni belle dell’arte contengono messaggi che possono essere colti in ogni momento e ovunque assumendo tratti di assolutezza o dandone l’illusione.
Le domande che dobbiamo porci e porre oggi ai nostri figli sono le seguenti: “quanta conoscenza dell’arte c’è in noi?”; “quanta di questa conoscenza è al servizio dell’uomo?”
È necessaria una vera riflessione sulla necessità di conquistare una società umana basata sulla conoscenza e sull’arte; quindi una società oggettivamente bella.
L’attenzione verso l’arte deve essere coltivata nei nostri figli fin dalla loro più tenera età. Dobbiamo portare i bambini nei musei, nelle pinacoteche, dobbiamo pretendere che le scuole forniscano insegnanti di Storia dell’Arte e non solo di Disegno; dobbiamo pretendere che questi insegnanti trasmettano l’amore per l’arte.
Comprendere l’arte significa saper vedere e saper vedere è un obiettivo arduo da raggiungere; non basta, a volte, una vita. Bisogna quindi indicare la strada ai giovani affinché possano scegliere.
Ipotesi e progetti per un rinascimento delle arti
Oggi, non solo le Istituzioni Religiose o i Privati Collezionisti ma anche e forse soprattutto, gli Amministratori Pubblici, svolgono un’importante funzione nello sviluppo della sensibilità della gente nei confronti dell’arte. Loro hanno la possibilità di ricucire un’enorme frattura che dal XX secolo si è creata tra il popolo e l’arte contemporanea.
L’arte deve ritornare vicino alla gente per porre le basi di una sua rinascita. Nella progettazione dei Piani Regolatori, delle zone residenziali e nella futura riprogettazione delle avvilenti zone industriali, recentemente sfiduciate dalle catastrofi naturali, si deve ritornare a porre al centro l’uomo e l’umanità e questo passa anche da un’attenta ricerca e selezione di artisti adatti a compiere delle opere che rendano coesa la comunità. Opere attorno alle quali la comunità umana possa stringersi, esattamente come accadeva nel nostro rinascimento con il contributo della Chiesa ma anche di illuminati e consapevoli Dominanti, come Federico da Montefeltro o Sigismondo Malatesta o Lorenzo Dei Medici.
Tale lavoro ha delle forti basi politiche; chi vorrà assumersi questa piacevole ed avvincente responsabilità otterrà la storia. Chi sarà in grado di arricchire la comunità di ciò che è creato per essa e non di costruito per un preteso onore alla medesima “arte” avrà creato mille possibilità ai suoi concittadini.
In queste pagine abbiamo voluto presentare alcuni bozzetti di grandi opere al solo fine di dare un’idea delle possibilità che offre l’immaginazione dell’artista Mario Eremita e dell’architetto artista Michelangelo Eremita.
Miliana Papilion Hospiton
La scultura in bronzo rappresenta una figura femminile vestita da un chitone e da un peplo intessuti di corallo che elegantemente allarga le braccia mentre sulla mano destra solleva la farfalla “Papilio Hospiton” per invitarla a spiccare il volo, la farfalla in oggetto è un simbolo della Sardegna ed è a rischio estinzione.
La Scultura in Bronzo verrà modellata in creta e successivamente preparata per la fusione in bronzo a cera persa; ne sarà eseguito un solo esemplare, dopodiché il modello in creta sarà distrutto.
Dopo le opportune rifiniture la statua verrà lucidata conservandone le leggere incrostazioni del verde naturale dell’ossidazione. Il basamento non ha solamente la funzione di sostegno ma anche quella di rappresentare, nella parte bassa, la pianta di alloro, simbolo di eccellenza di gloria e di vittoria. Esso riporta nell’affusto le scanalature e le decorazioni di vago riferimento classico.
Si tratta di un’opera che propone le istanze dell’arte figurativa simbolista. La figura femminile è denominata Miliana che, nella terminologia della flora significa alloro o sambuco agreste.
La figura umana, ergendosi sopra una pianta d’alloro che simboleggia l’eccellenza la gloria e la vittoria, ha le braccia aperte come a imitare il volo planato delle farfalle mentre sulla punta delle dita della mano sinistra accoglie appunto una Papilio Hospiton, insetto volante sardo a rischio d’estinzione, che invita dolcemente a spiccare il volo.
La figura femminile indossa un chitone e un peplo intrecciati di coralli, riferimenti alla preziosità del mare sardo.
Gli artisti associati di CAOS si propongono per la progettazione e la realizzazione di monumenti celebrativi e commemorativi. Il tema è frutto della consultazione del committente e di un approfondito esame filologico teso ad individuare le caratteristiche formali, simboliche, allegoriche e contenutistiche dell’opera.
La predilezione per temi figurativi, che diano quindi centralità alla figura umana, non preclude la possibilità di creazioni astratte, in particolare grazie alla collaborazione con l’architetto artista Michelangelo Eremita che ha sviluppato questo particolare genere di formalismo.
Circa l’opportunità dell’arte nella vita quotidiana
Nella storia la bellezza è un attributo o un valore estetico relativo, legato alle civiltà umane nel loro divenire. Essa non è un valore assoluto.
Nell’arte la bellezza soggiace alla capacità dell’artista di costruire un sistema coerente di significati astratti, di concetti e di valori e soggiace anche alla capacità di trasmetterli integri e con estrema sintesi ed efficacia tali da raggiungere direttamente chi è in grado di coglierli.
L’arte non ha bisogno di spiegarsi, non deve essere tradotta o interpretata; l’arte può essere letta capita accolta amata; ma, in essa, la bellezza è un valore assoluto.
L’arte non trasmette valori soggettivi, essa non è etica; si rifà a regole basilari e fondamentali, misteriose, legate all’illusione, alla menzogna, al sogno, forse alle nostre paure ancestrali.
Per questo espressioni belle dell’arte contengono messaggi che possono essere colti in ogni momento e ovunque assumendo tratti di assolutezza o dandone l’illusione.
Le domande che dobbiamo porci e porre oggi ai nostri figli sono le seguenti: “quanta conoscenza dell’arte c’è in noi?”; “quanta di questa conoscenza è al servizio dell’uomo?”
È necessaria una vera riflessione sulla necessità di conquistare una società umana basata sulla conoscenza e sull’arte; quindi una società oggettivamente bella.
L’attenzione verso l’arte deve essere coltivata nei nostri figli fin dalla loro più tenera età. Dobbiamo portare i bambini nei musei, nelle pinacoteche, dobbiamo pretendere che le scuole forniscano insegnanti di Storia dell’Arte e non solo di Disegno; dobbiamo pretendere che questi insegnanti trasmettano l’amore per l’arte.
Comprendere l’arte significa saper vedere e saper vedere è un obiettivo arduo da raggiungere; non basta, a volte, una vita. Bisogna quindi indicare la strada ai giovani affinché possano scegliere.
Ipotesi e progetti per un rinascimento delle arti
Oggi, non solo le Istituzioni Religiose o i Privati Collezionisti ma anche e forse soprattutto, gli Amministratori Pubblici, svolgono un’importante funzione nello sviluppo della sensibilità della gente nei confronti dell’arte. Loro hanno la possibilità di ricucire un’enorme frattura che dal XX secolo si è creata tra il popolo e l’arte contemporanea.
L’arte deve ritornare vicino alla gente per porre le basi di una sua rinascita. Nella progettazione dei Piani Regolatori, delle zone residenziali e nella futura riprogettazione delle avvilenti zone industriali, recentemente sfiduciate dalle catastrofi naturali, si deve ritornare a porre al centro l’uomo e l’umanità e questo passa anche da un’attenta ricerca e selezione di artisti adatti a compiere delle opere che rendano coesa la comunità. Opere attorno alle quali la comunità umana possa stringersi, esattamente come accadeva nel nostro rinascimento con il contributo della Chiesa ma anche di illuminati e consapevoli Dominanti, come Federico da Montefeltro o Sigismondo Malatesta o Lorenzo Dei Medici.
Tale lavoro ha delle forti basi politiche; chi vorrà assumersi questa piacevole ed avvincente responsabilità otterrà la storia. Chi sarà in grado di arricchire la comunità di ciò che è creato per essa e non di costruito per un preteso onore alla medesima “arte” avrà creato mille possibilità ai suoi concittadini.
In queste pagine abbiamo voluto presentare alcuni bozzetti di grandi opere al solo fine di dare un’idea delle possibilità che offre l’immaginazione dell’artista Mario Eremita e dell’architetto artista Michelangelo Eremita.
Consumismo
Tema controverso è quello del consumismo. Una colonna di calcestruzzo nella quale sono inseriti elementi in bronzo che raccontano il disagio della società dei consumi, rappresentata dalla parte bassa; mentre nella parte alta dei bimbi incarnano la speranza nel futuro in cui loro stessi saranno portatori di sviluppo oltre che di progresso, e guarderanno con ironia quel passato sul quale rivolgeranno anche l’acqua, simbolo della rinascita della vita.
Le opere degli artisti autentici si legano sempre alla comunità umana che li apprezza e li rende parte dei riferimenti della vita quotidiana. Quando le cose stanno così, si sono poste le basi per un confronto con la storia, con il tempo e con la possibilità di sviluppo sociale e culturale di una comunità.
Gli artisti associati di CAOS si propongono per la progettazione e la realizzazione di monumenti celebrativi e commemorativi. Il tema è frutto della consultazione del committente e di un approfondito esame filologico teso ad individuare le caratteristiche formali, simboliche, allegoriche e contenutistiche dell’opera.
La predilezione per temi figurativi, che diano quindi centralità alla figura umana, non preclude la possibilità di creazioni astratte, in particolare grazie alla collaborazione con l’architetto artista Michelangelo Eremita che ha sviluppato questo particolare genere di formalismo.
Circa l’opportunità dell’arte nella vita quotidiana
Nella storia la bellezza è un attributo o un valore estetico relativo, legato alle civiltà umane nel loro divenire. Essa non è un valore assoluto.
Nell’arte la bellezza soggiace alla capacità dell’artista di costruire un sistema coerente di significati astratti, di concetti e di valori e soggiace anche alla capacità di trasmetterli integri e con estrema sintesi ed efficacia tali da raggiungere direttamente chi è in grado di coglierli.
L’arte non ha bisogno di spiegarsi, non deve essere tradotta o interpretata; l’arte può essere letta capita accolta amata; ma, in essa, la bellezza è un valore assoluto.
L’arte non trasmette valori soggettivi, essa non è etica; si rifà a regole basilari e fondamentali, misteriose, legate all’illusione, alla menzogna, al sogno, forse alle nostre paure ancestrali.
Per questo espressioni belle dell’arte contengono messaggi che possono essere colti in ogni momento e ovunque assumendo tratti di assolutezza o dandone l’illusione.
Le domande che dobbiamo porci e porre oggi ai nostri figli sono le seguenti: “quanta conoscenza dell’arte c’è in noi?”; “quanta di questa conoscenza è al servizio dell’uomo?”
È necessaria una vera riflessione sulla necessità di conquistare una società umana basata sulla conoscenza e sull’arte; quindi una società oggettivamente bella.
L’attenzione verso l’arte deve essere coltivata nei nostri figli fin dalla loro più tenera età. Dobbiamo portare i bambini nei musei, nelle pinacoteche, dobbiamo pretendere che le scuole forniscano insegnanti di Storia dell’Arte e non solo di Disegno; dobbiamo pretendere che questi insegnanti trasmettano l’amore per l’arte.
Comprendere l’arte significa saper vedere e saper vedere è un obiettivo arduo da raggiungere; non basta, a volte, una vita. Bisogna quindi indicare la strada ai giovani affinché possano scegliere.
Ipotesi e progetti per un rinascimento delle arti
Oggi, non solo le Istituzioni Religiose o i Privati Collezionisti ma anche e forse soprattutto, gli Amministratori Pubblici, svolgono un’importante funzione nello sviluppo della sensibilità della gente nei confronti dell’arte. Loro hanno la possibilità di ricucire un’enorme frattura che dal XX secolo si è creata tra il popolo e l’arte contemporanea.
L’arte deve ritornare vicino alla gente per porre le basi di una sua rinascita. Nella progettazione dei Piani Regolatori, delle zone residenziali e nella futura riprogettazione delle avvilenti zone industriali, recentemente sfiduciate dalle catastrofi naturali, si deve ritornare a porre al centro l’uomo e l’umanità e questo passa anche da un’attenta ricerca e selezione di artisti adatti a compiere delle opere che rendano coesa la comunità. Opere attorno alle quali la comunità umana possa stringersi, esattamente come accadeva nel nostro rinascimento con il contributo della Chiesa ma anche di illuminati e consapevoli Dominanti, come Federico da Montefeltro o Sigismondo Malatesta o Lorenzo Dei Medici.
Tale lavoro ha delle forti basi politiche; chi vorrà assumersi questa piacevole ed avvincente responsabilità otterrà la storia. Chi sarà in grado di arricchire la comunità di ciò che è creato per essa e non di costruito per un preteso onore alla medesima “arte” avrà creato mille possibilità ai suoi concittadini.
In queste pagine abbiamo voluto presentare alcuni bozzetti di grandi opere al solo fine di dare un’idea delle possibilità che offre l’immaginazione dell’artista Mario Eremita e dell’architetto artista Michelangelo Eremita.
Cavalli selvaggi
Ecco il bozzetto per la scultura de “cavalli selvaggi”. Si tratta di una scultura in bronzo nella quale sono inseriti elementi in vetro di Murano. I cavalli sono sospesi in questa intelaiatura di bronzo e vetro che rappresenta a sua volta l’albero della vita.
I cavalli trottano sulle fronde dell’albero della vita che paiono sembrare anche i flutti del mare. È un’idea di fortissimo dinamismo e di grande luminosità che crea un clima positivo, incoraggiante, stimolante, favorevole alla socialità alla convivialità ed all’ottimismo alla fiducia ad un’idea di progresso accompagnato dallo sviluppo.
Un tema più controverso è questo del consumismo. Una colonna di calcestruzzo nella quale sono inseriti elementi in bronzo che raccontano il disagio della società dei consumi, rappresentata dalla parte bassa; mentre nella parte alta dei bimbi incarnano la speranza nel futuro in cui loro stessi saranno portatori di sviluppo oltre che di progresso, e guarderanno con ironia quel passato sul quale rivolgeranno anche l’acqua, simbolo della rinascita della vita.
Le opere degli artisti autentici si legano sempre alla comunità umana che li apprezza e li rende parte dei riferimenti della vita quotidiana. Quando le cose stanno così, si sono poste le basi per un confronto con la storia, con il tempo e con la possibilità di sviluppo sociale e culturale di una comunità.
Scultura monumento in bronzo a cera persa, Bondeno di Ferrara
Il progetto prevede la creazione dal calco di 9 esemplari di cui 3 prove d’autore. La prima prova d’autore è stata donata dall’Artista alla Parrocchia di Merlengo.
Quello qui esibito è l’esemplare 2/9 realizzato nel 2006 per un collezionista privato che l’ha installata nel parco della propria villa.
Oltre alla scultura l’artista ha ideato anche il basamento, tutto in acciaio corten. Esso richiama la professione del committente ed alcuni oggetti simbolici tra i quali: le croci cosmiche; il sole; la luna; i segni zodiacali della famiglia del committente; le cornucopie.
Attualmente devono essere realizzati gli ultimi sette esemplari tra i quali una prova d’autore, essi saranno creati solamente su commissione.
Ogni esemplare, essendo l’opera realizzata in 9 esemplari di cui tre prove d’autore è, secondo le convenzioni e gli usi del mercato dell’arte, da considerarsi un pezzo unico.
Una maestosa colonna vegetale avvitata in un delicato movimento a spirale che richiama la chimica di base della vita, sorregge il corpo sensuale della fanciulla eterna.
Il corpo è magnificamente teso ed intento all’instancabile all’attamento. Quest’opera è un’imponente affermazione dell’essere, nella sua completezza.
Il volto della donna è rapito, sgomento nell’osservare come, appena vi sono le minime condizioni, la vita attecchisca e si accresca tenace, forte, aggressiva.
Infine, in pochi istantanei centimetri si sviluppa la fuga prospettica, il climax. Il capo della fanciulla contrasta con la solidità corporea. Esso fugge dalla vita terrena; conduce al termine estremo.
È qui una forma vitale deformata dalla compenetrazione astratta del pensiero, che ricerca la vita ultraterrena e lo smarrimento mistico. Il volto è teso, le ossa evidenti, le orbite vuote, il cranio allungato verso l’alto; quindi non più spinto dal basso ma assorbito verso l’alto.
C’è tuttavia qualcosa in più. In genere si può dire che ci sia tutto; ed in effetti è così. Quest’enorme colonna vegetale da cui emerge, con una potente spirale dinamica, il corpo sensuale della femmina intenta all’allattamento. Ecco, non è più una semplice ragazza che allatta il piccolo. È un significato vitale: le radici, l’albero della vita, la spirale della vita, le forme sontuose e piene della donna che genera vita, i fianchi poderosi, il petto turgido; questi sono forti e inequivocabili richiami sessuali.
La sessualità è la chiave della vita, il piacere sessuale per l’umanità è la ricompensa della vita. La donna è al centro della sessualità. Non esiste simmetria tra uomo e donna. La donna è il significato della vita e per l’artista è l’unica speranza di riscatto.
Il figliolo in braccio alla madre è cresciuto, ha superato l’età per l’allattamento ma ancora dipende dal seno materno. Un tempo ignoranza, privazioni e miseria costringevano le mamme a prolungare l’allattamento.
Unica vera citazione simbolica della scultura, questa delicata testimonianza del passato ha anche un significato minaccioso; forse un’ossessione vitale: lo sgomento nell’osservare come, appena vi sono le minime condizioni, la vita attecchisca e sia tenace, forte, aggressiva.
Infine osservate la fuga prospettica. Già è presente, in climax, nelle braccia e nelle mani: esse si fanno snelle, filiformi, astratte. Contrastano con la solidità corporea, vogliono sganciarsi dalla vita terrena. Il viso e il capo della donna conducono a termine questa “fuga”.
La figura non è qui più una forma vitale ma è deformata dalla compenetrazione astratta che vuole portare slancio alla ricerca della supposta vita ultraterrena o dello smarrimento mistico. Il volto assume aspetti estremi e la pelle è tesa e rende evidenti le ossa, le orbite appaiono già vuote, il cranio è allungato verso l’alto, come assorbito da una misteriosa forza d’attrazione, verso il cielo, l’ignoto, la risposta ultima: Dio?
Scultura monumento in bronzo a cera persa, Merlengo di Ponzano Veneto
Il progetto prevede la creazione dal calco di 9 esemplari di cui 3 prove d’autore. La prima prova d’autore è stata donata dall’artista alla Parrocchia di Merlengo.
Questa grande scultura fu modellata in una forma di gesso dall’artista Maestro Mario Eremita nel Laboratorio di Merlengo di Ponzano Veneto nel 1992.
Il Parroco Don Eraldo Modolo desiderava lasciare alla comunità pastorale, un’opera d’arte contemporanea significativa e preziosa che parlasse direttamente al cuore della gente. Egli quindi raccolse una colletta per garantire le spese vive dell’artista: il lavoro dei fonditori e l’acquisto dei materiali, Eremita non ricevette alcun compenso.
La seconda prova d’autore venne acquisita nel 2006 da un collezionista di Ferrara che la volle sistemare nel parco della propria villa.
Attualmente devono essere realizzati gli ultimi sette esemplari tra i quali una prova d’autore, essi saranno creati solamente su commissione.
Ogni esemplare, essendo l’opera realizzata in 9 esemplari di cui tre prove d’autore è, secondo le convenzioni e gli usi del mercato dell’arte, da considerarsi un pezzo unico.
Una maestosa colonna vegetale avvitata in un delicato movimento a spirale che richiama la chimica di base della vita, sorregge il corpo sensuale della fanciulla eterna.
Il corpo è magnificamente teso ed intento all’instancabile all’attamento. Quest’opera è un’imponente affermazione dell’essere, nella sua completezza.
Il volto della donna è rapito, sgomento nell’osservare come, appena vi sono le minime condizioni, la vita attecchisca e si accresca tenace, forte, aggressiva.
Infine, in pochi istantanei centimetri si sviluppa la fuga prospettica, il climax. Il capo della fanciulla contrasta con la solidità corporea. Esso fugge dalla vita terrena; conduce al termine estremo.
È qui una forma vitale deformata dalla compenetrazione astratta del pensiero, che ricerca la vita ultraterrena e lo smarrimento mistico. Il volto è teso, le ossa evidenti, le orbite vuote, il cranio allungato verso l’alto; quindi non più spinto dal basso ma assorbito verso l’alto.
Avere questa scultura in piazza, davanti alla Chiesa, dove ogni settimana si riuniscono i fedeli, è un modo per suggerire alle persone una visione diversa della donna, della madre, del mondo, della vita. Ognuno di noi ha visto questa scultura, qualcuno si pone delle domande, qualcuno si dà delle risposte. Eppure quest’opera rappresenta una semplice donna di fede che porta il figliolo al cospetto del Signore.
C’è tuttavia qualcosa in più. In genere si può dire che ci sia tutto; ed in effetti è così. Quest’enorme colonna vegetale da cui emerge, con una potente spirale dinamica, il corpo sensuale della femmina intenta all’allattamento. Ecco, non è più una semplice ragazza che allatta il piccolo. È un significato vitale: le radici, l’albero della vita, la spirale della vita, le forme sontuose e piene della donna che genera vita, i fianchi poderosi, il petto turgido; questi sono forti e inequivocabili richiami sessuali.
La sessualità è la chiave della vita, il piacere sessuale per l’umanità è la ricompensa della vita. La donna è al centro della sessualità. Non esiste simmetria tra uomo e donna. La donna è il significato della vita e per l’artista è l’unica speranza di riscatto.
Il figliolo in braccio alla madre è cresciuto, ha superato l’età per l’allattamento ma ancora dipende dal seno materno. Un tempo ignoranza, privazioni e miseria costringevano le mamme a prolungare l’allattamento.
Unica vera citazione simbolica della scultura, questa delicata testimonianza del passato ha anche un significato minaccioso; forse un’ossessione vitale: lo sgomento nell’osservare come, appena vi sono le minime condizioni, la vita attecchisca e sia tenace, forte, aggressiva.
Infine osservate la fuga prospettica. Già è presente, in climax, nelle braccia e nelle mani: esse si fanno snelle, filiformi, astratte. Contrastano con la solidità corporea, vogliono sganciarsi dalla vita terrena. Il viso e il capo della donna conducono a termine questa “fuga”.
La figura non è qui più una forma vitale ma è deformata dalla compenetrazione astratta che vuole portare slancio alla ricerca della supposta vita ultraterrena o dello smarrimento mistico. Il volto assume aspetti estremi e la pelle è tesa e rende evidenti le ossa, le orbite appaiono già vuote, il cranio è allungato verso l’alto, come assorbito da una misteriosa forza d’attrazione, verso il cielo, l’ignoto, la risposta ultima: Dio?
abbellimenti artistici sulla facciata dell’Hotel Saint Nicholas a Remich in Lussemburgo.
Nel 1994 l’artista Mario Eremita riceve l’incarico di decorare la parte esterna della facciata dell’Hotel Saint Nicholas di Remich in Lussemburgo. Il committente non ha idea di quello che vorrebbe realizzare ma desidera qualcosa che richiami la più importante attrazione locale: il fiume Mosella.
Infatti è proprio la calma e la serenità del fiume che attira molti turisti dalla Germania e dalla Francia che vengono qui a passare qualche giorno nei week end e durante le ferie.
Mario Eremita propone un bassorilievo sulla facciata dell’Hotel posizionato lungo una fascia che corre lungo tutto il fronte. La fascia non è molto alta, circa 60 centimetri e si estende per alcune decine di metri.
Come potete ammirare nelle foto, il bassorilievo propone il tema figurativo dei fanciulli e delle fanciulle che suonano o sono intenti nella danza o nella pesca. Il titolo dell’opera è: “Allegorie Mosellane”.
Il riferimento alla Mosella è quello della pesca, attività un tempo fondamentale per la vita delle popolazioni locali.
La musica e la danza richiamano, che sono un tema prediletto dall’artista, richiamano l’ideale di armonia e di serenità propri di quei luoghi.