facciata in vetro del palazzo ex casinò ora del cinema del lido di venezia

Arte Luce Vetro

Riqualificazione artistica della facciata del Palazzo del Casinò Venezia-Lido ora Palazzo Eventi o del Cinema

Dalle visioni art nouveau e moderniste al monumentalismo scenografico del ventennio, fino alla rilettura in chiave puramente artistica del Palazzo del Casinò del Lido, oggi Palazzo Eventi e della Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia.
Conservare le funzioni pure del passato e valorizzarle allo scopo di proseguire il dialogo con il presente.
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Palazzo del Cinema del Lido di Venezia costruito nel 1937
Progetto artistico del maestro artista Mario Eremita per CAOS artisti associati Venezia, presentazione di Nicola Eremita Galleria d’Arte III Millennio
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Palazzo del Casinò di Venezia-Lido costruito nel 1938

Le foto sopra ritraggono due distinte opere architettoniche, la prima è il Palazzo dedicato espressamente alla Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia che ebbe la sua prima edizione nel 1932. Si tratta di un’opera di chiara tipologia modernista in armonioso contrasto con le architetture lidensi più tipicamente Art Nouveau o naturaliste-organiche.

La seconda invece ritrae il Palazzo del Casinò costruito l’anno seguente che, pur essendo nel solco modernista assume radicalmente le fattezze dell’architettura del regime fascista.

Il progetto di riqualificazione, essendo la prima costruzione già modificata nel 1952 e resa del tutto invisibile dall’esterno da una struttura con tratti puramente tecnici che richiede esclusivamente allestimenti provvisori in funzione della manifestazione, è rivolto al Palazzo che fu sede del Casinò e che oggi ha una funzione accessoria alla Mostra del Cinema e funzionale anche ad altri importanti eventi di rilevanza internazionale.

origini vicende e stato attuale

Si erge fronte mare questo colossale blocco di cemento rivestito di travertino nelle sue forme ormai storicizzate di epoca fascista. Il tempo lo ha infine assunto tra le architetture dell’isola del Lido, anche se le sue migliori sono di tutt’altra intenzione, essendo questo territorio una delle patrie dell’architettura organica dei primi del novecento, influenzata dall’Art Nouveau.

Il Palazzo che fu del Casinò è quindi inserto di forte contrasto e, nel precedente abbandono dell’adiacente piazzale, assumeva l’aspetto di un relitto alla deriva in un mare di degrado ed indifferenza.

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La piazza antistante il Palazzo del Casinò in condizioni disperate a causa del così detto “buco”, rimasto diversi anni in totale abbandono.
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La piazza antistante il Palazzo del Casinò così come veniva adoperata negli anni passati, un banale piazzale per parcheggio automobili

Il recupero di questa struttura è cominciato ma tale operazione dovrà essere anche l’opportunità d’introdurre a Venezia un inserto d’arte che sia contemporaneo e che quindi dia un segnale attuale della rinascita socio culturale della città ed in particolare dell’isola d’oro, che tutti si auspicano. Non basterà certo dare una ripulita o sostituire qualche tavella di marmo. Consegnare un’opera pubblica nelle sue costituenti sostanziali, nello spirito della pura necessità fisiologica, non può essere nelle corde di chi amministra una realtà come quella veneziana, con prospettive ampie ed universali, con l’attenzione e l’interesse di ogni popolo del pianeta ai suoi fatti, nel bene e nel male.

Questo genere di luoghi devono eminentemente svolgere una funzione guida, simbolica e ideale. Devono tratteggiare un possibile futuro e quindi essere ancora riferimento per il presente nell’immaginario di ognuno. Ciò non si ottiene con la semplice manutenzione o conservazione di ciò che fu ma anche con la proposizione di ciò che potrà essere e significare. Serve quindi qualcosa di nuovo di concreto e stabile che configuri altre prospettive e possibilità di riflessione, ciò che quindi potrà, in ogni teoria dell’architettura e dell’urbanistica, divenire punto di riferimento per una comunità, per la rappresentazione di un presente, per la celebrazione dei fatti e dei momenti che scandiscono lo stupendo luogo in cui si svolgono: Venezia ed il suo Lido.

In tal senso urge realizzare qualcosa d’imponente, che sia all’altezza della grandiosità del Palazzo che fu del Casinò, che sia in dialogo ed in contrasto con la retorica austera ed autoritaria di quello; che lo esalti e, nel medesimo tempo, lo addolcisca trasferendolo dai tempi lontani, di cui non va tralasciata la memoria, a tempi presenti di cui troppo spesso si dimentica che anch’essi saranno, un domani, il passato; un passato che rischia di rimanere senza alcuna valida memoria, stante la mentalità che si ostina a limitarsi nella ordinaria manutenzione e conservazione ( quando va bene ), come se oggi non si possa più osare.

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Il fantasma del Palazzo che fu del Casinò circondato dal degrado del “buco” del Lido.
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Il Palazzo che fu del Casinò dopo la sistemazione del piazzale con il rivestimento in pietra. È iniziata l’opera di riqualificazione.
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Il Palazzo che fu del Casinò nel 2018

Osservando il Palazzo che fu del Casinò una sera di fine estate, ho individuato la possibilità di riqualificazione artistica. Sono le sei ampie aperture che occupano la parte centrale della struttura. Oggi mere finestre che per molti giorni all’anno restano chiuse con delle spaventose tapparelle.

Quelle sei aperture offrono delle possibilità immense, molto più stimolanti e di pubblico valore ed interesse della prospiciente piazza, già peraltro utilizzata per un arredo urbano prevedibile ma di discreta presenza ovvero la fontana a raso con getti verticali.

Il contesto della piazza consente proprio a quelle sei aperture di essere un punto di riferimento fondamentale, al momento trascurato ignorato e declassato al semplice rango di “finestra con tapparella”.

Si consideri anche il grave stato di consunzione e degrado degli stessi infissi e la presenza di molti vetri rotti.

Le aperture vanno liberate!

In quegli spazi l’artista progetterà sei vetrate speciali e le realizzerà in collaborazione con il laboratorio vetraio. Il risultato sarà di altissimo livello e di folgorante potenza evocativa e simbolica. Non sarà la semplice o solita “scultura in piazza”; ma un tributo alla storia, all’arte, al cinema, alla musica, alla luce ed alla comunità di Venezia.

Essa trasformerà lo stesso palazzo in un esempio artistico e lo edificherà nuovamente a simbolo fluorescente luminoso, visibile a miglia di distanza in mare.

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Suggestione del 2016. Il Palazzo che fu del Casinò in previsione dell’intervento di recupero.

Osservate qui sopra una suggestione del possibile recupero del Palazzo che fu del Casinò, una visione dall’esterno. Ebbene, per quanto sia elegante, si apprezza immediatamente quanto sia anonima impersonale e modesta questa visione che inquadra le aperture solamente come tali, impegnandole con delle tende monacali.

Abbiamo invece il dovere d’imprimere un’intenzione forte ed efficace, personale, dalle potenti doti emozionali, perché qui siamo al cospetto delle arti, non frequentiamo qui una “camera ammobiliata”.

Nessuna opera contemporanea qui in Venezia potrà eguagliare la sintesi tra esigenza artistica ed integrazione col tessuto urbano sociale e con le manifestazioni di ambizione internazionale che in questi luoghi si svolgono periodicamente. Non possiamo tralasciare questi aspetti per produrre un semplice lavoro di recupero edilizio o decorativo!

Quello può funzionare in una qualunque via di un qualunque paese. Qui no!

Siamo nel centro dell’attenzione del mondo, rischiamo di perdere questa stessa attenzione con molti e funesti comportamenti d’insensibilità e disattenzione e con la nascita di nuovi simboli e mercati ( Dubai per esempio ).

La possibilità che qui, in poche scarne righe, sto esponendo, ha delle implicazioni amplissime. Non si tratta della solita opera dell’artista che staziona nella piazza, spesso più a celebrazione dello stesso autore che di una reale visione del mondo.

Si tratta di un recupero materiale ed ideale di un contesto architettonico che, pur rimanendo nelle sue linee invariato, riusa alcune sue parti per uno scopo ulteriore e superiore, non semplici fori luce ma emissari essi stessi di luce filtrata dai mestieri e dalle arti umanistiche proprie di questa nostra millenaria cultura. Un recupero materiale ed ideale!

In questo caso l’intervento artistico ed artigianale sarebbe non semplice abbellimento estetico ma ripensamento in termini scenografici ed arricchimento di simboli e significati che porterebbe il contesto al di fuori di una banale austerità, che non ha alcuna logica nei tempi contemporanei e con l’utilizzo che dei luoghi viene fatto: in particolare per la mostra del cinema ma anche per il messaggio rivolto all’esterno della laguna stessa verso il mondo.

Immaginiamo queste vetrate, illuminate con i sistemi più tecnologici in modo da sembrare animate da luce propria, una luce intensa ma non accecante, moderata e colorata dai disegni dell’artista. Questa luce inonda il piazzale e si disperde verso il mare come un ampio proiettore dedicato all’immaginazione al potere delle arti di rappresentare ogni realtà fino ad oltrepassarla costruendo altri universi di pura fantasia.

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Questa operazione di riqualificazione e di riassegnazione simbolica è in grado quindi di produrre un’interessante sinergia, coinvolgendo nella realizzazione gli artigiani del vetro e dell’illuminotecnica, in una concreta impresa dedicata proprio a quell’arte che fece della luce il suo propulsore.

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Proporzioni: l’importanza del Palazzo che fu del Casinò nel contesto urbanistico e naturalistico del Lido di Venezia si può apprezzare in questa visione aerea.

Il palazzo si dota quindi di un grande ideale proiettore cinematografico di luce delicata e persistente che amplifica la sua funzione ed arricchisce, motivandola, la propria presenza.

Questa idea sviluppa e conferisce forma e significato reale al nesso logico tra ARTE VETRO LUCE CINEMA, in un senso ciclico virtuoso. L’arte si occupa del cinema che ha come sua componente materiale l’immaterialità della luce che ha la concreta necessità del vetro per rappresentarsi in tutte le sue componenti.

Questo documento introduce una visione possibile e realisticamente attuabile della riqualificazione artistica del Palazzo ex Casinò del Lido. Assunto che l’arte, nella sua formale inutilità, abbia una profonda funzione ed infungibile e sia parte quotidiana della nostra esistenza.

Qui sotto possiamo apprezzare il progetto del maestro Mario Eremita. Il principio guida è la ocmplessità. Essa è alla base del nostro mondo, in cui i fatti si succedono vorticosamente. L’arte non può esimersi e deve assumere molteplici livelli di lettura e riferimenti estetico-formali per restare al passo e non divenire luogo di piccoli banali ed opportunistici slogan pseudo-militanti, penalizzando l’universalità del linguaggio e riducendolo a mero esercizio affabulatorio.

Ecco che qui s’introduce l’artista che interiorizza la vocazione simbolica dei luoghi ed elabora con la propria esperienza, con la storia, con la lezione degli infiniti passati-presenti ( essendo l’arte un fenomeno trascendente al tempo ordinario ).

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vetrate del Palazzo ex Casinò per la riqualificazione artistica

Inconfondibile, emotiva, dall’insostenibile levità, ironica, dove le crudezze della sua apocalittica pittura s’intuiscono solo in delicata lontananza, dove il segno, elastico e voluttuoso, prevale sulla materia del colore, la mano di Eremita è confacente al principio di complessità che deve caratterizzare l’opera.

L’idea che l’arte debba veicolare un messaggio è povera e debilitante, insufficiente. L’arte deve fornire sensazioni e riferimenti simbolici perduranti, saldi alla prova del tempo, deve fornire ricchezza estetica e culturale prima di ogni eventuale intento moralistico o celebrativo.

Eremita, col suo processo astrattivo focalizzato sulle forme umane, rievoca la civiltà greca che è depurata della sua posa storica ma riappresa. Le nove muse figlie di Zeus e di Mnemosyne risorgono tra le righe di questa narrazione luminescente, sono nel mondo e nella narrazione universale umana, al di là dei ceppi del tempo. Con esse si fondono i simboli della civiltà serenissima, il leone marciano, la personificazione di Venezia, la gondola, il ferro della gondola. Approfondiamo quindi la lettura iconografica delle singole vetrate.

Lettura iconografica delle vetrate

Si parte nel senso letterario della lettura ( lingua italiana ) dall’alto a sinistra e verso destra.

Vetrata numero 1 “Sogno e Fantasia”, il progetto è eseguito senza il colore finale. La tavola rappresenta Tersicore, musa della danza e della lirica corale, Erato musa della poesia amorosa, Polimnia musa del canto sacro. Erato suona un immaginario strumento a corda mentre Polimnia la tende intonandola al canto. Lo strumento nelle sue forme e dimensioni è parte dell’originale fantasia pittorica del maestro Mario Eremita. Tersicore, con un tamburello ed un bastone per twirling, come le attuali majorette, danza fin sulla Luna crescente simbolo della rinascita e della fertilità, in questo contesto della fertilità delle idee fantastiche. La composizione è dedicata al lato del sogno e della fantasia. Tutte le figure sono fluttuanti.

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Vetrata numero 1
“Sogno e Fantasia”

Vetrata numero 2 “Leone Marciano e Venezia”, il progetto è eseguito senza il colore finale. La tavola rappresenta il Leone Marciano e la personificazione di Venezia.

Il Leone Marciano è visto in sezione frontale con le ali simmetricamente dispiegate. Non è rappresentato come nella “moeca” ma come nella classica bandiera anche se da un punto di vista differente ed originale. Tuttavia qui, con questa assoluta simmetria e questa posa del tutto simile a quella di un Kouros della Grecia arcaica, simboleggia l’equilibrio delle istituzioni veneziane. Sotto il Leone vi sono a sinistra la personificazione di Venezia e a destra il libro poggiato su un capitello e la colomba. Ciò perché Venezia ed i valori della pace, sono assoggettati al simbolo dell’Evangelista Marco, protettore e guida spirituale.

Questa vetrata ha posizione centrale ed apicale per ricordare, in ordine cerimoniale, il territorio, le istituzioni, i valori e l’identità del popolo.

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Vetrata numero 2
“Leone Marciano e Venezia”

Vetrata numero 3 “Azione ed Immaginazione”, il progetto è eseguito senza il colore finale. La tavola rappresenta la gondola, il vogatore, il musico, la Musa Urania che sorregge il globo celeste sul quale passano in volo un’oca ed una motocicletta senza ruote con due figure a bordo.

Il fulcro della scena è Urania, rappresentata dalla figura femminile che sorregge il globo celeste. Essa è la Musa dell’astronomia e della poesia didascalica. In tal senso ella incarna letteratura e cinematografia che narrano la scienza con l’immaginazione, quindi la fantascienza. Le figure nel globo sono un riferimento formale al genio di Spielberg ma hanno anche un loro significato. L’oca è animale afferente alla dea Giunone e simboleggia curiosità ed attenzione, i centauri sulla moto che vola senza ruote interpretano lo spirito epico dell’avventura, l’istinto ideale della scoperta, l’amore per la ricerca d’ignote destinazioni.

Gondola vogatore e musico accompagnano guidano e sorreggono la scena e pare che tutto quel che accade la sopra sia a loro insaputa; infatti è così perché costoro rappresentano l’azione conscia che è la parte minore dell’essenza umana, loro sono ciò che si sa, il resto è tutto ciò che s’immagina.

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Vetrata numero 3
“Azione ed Immaginazione”

Vetrata numero 4 “il Cinema e la Musica”, il progetto è eseguito senza il colore finale. La tavola rappresenta la Musa Calliope, due putti con maschere teatrali ed un’oca, una violinista. Calliope ed i putti sono su una cornucopia. Questa Musa ispira il poema epico, la narrazione delle gesta degli eroi e delle eroine, le avventure dei corsari, dei mercanti, degli scopritori, dei coraggiosi che affrontano la vita e le difficoltà alla ricerca del proprio sogno ideale o della fama, della gloria, del potere, del successo, dell’amore, della ricchezza. Qui ella ha una telecamera rivolta all’oriente dove sorge il sole e, anche un senso metaforico, dove sorgono le narrazioni. Calliope è sensuale, anzi, glamour, vestita di soli veli alla maniera di Salomè, così come sensuale e glamour è lo spettacolo. Accanto ad ella due putti.

Il primo a sinistra ha in mano un mascherone a testa di cavallo: si tratta dell’arguzia, la forza che eleva l’intelletto. Il secondo a destra indossa un bizzarro cappello, ride ed ha in braccio un’oca: si tratta dell’ironia, che abbraccia il simbolo dell’attenzione ( oca ) che pretende per sé specialmente.

La cornucopia è l’augurio d’abbondanza per questi valori. La violinista è un omaggio alla musica che sempre accompagna le gesta ma anche un tributo a Marc Chagall che vedeva in quello strumento i grandi segreti della vita e della morte.

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Vetrata numero 4
“il Cinema e la Musica”

Vetrata numero 5 “Maschera Comica Maschera Tragica”, il progetto è eseguito con alcune suggestioni della rifinitura a colori e della piombatura. La tavola rappresenta le Muse Thalia e Melpomene a bordo di una gondola onirica di cui il vogatore ha tratti di astrazione e, sotto un immenso ferro, quasi fluido, si libra un putto gioioso che pare voler giocare, beffardo, con tutta la scena.

Thalia è la maschera comica o della commedia. È sorridente ed in posa eretta, la maschera ha forme arrotondate che ricordano un bocciolo di rosa che si sta per schiudere. Ella è la burla, l’equivoco, l’intreccio, le figure stereotipate delle maschere della Comedia de l’Arte, la buona sorte degli amanti. Dispensa promesse ottimistiche come quelle del bocciolo che sarà fiore.

Melpomene è la maschera tragica o drammatica. È contrita ed in posa distesa, la maschera ha forme spigolose che ricordano il simbolo della femminilità. Ella è la vicenda umana più reale, costellata di sofferenza, sogni spezzati, amori disperati impossibili tormentati, complotti, oscuri presagi, conflitti. Predilige il thriller, l’imprevedibilità e l’imponderabilità del futuro, la fortuna. Dispensa incertezze e misteri, è il fascino che conturba la femmina, l’amplesso non ammette il riso.

Il putto è l’innocenza dell’infanzia che, per quel brevissimo periodo dell’uomo, vive inconsapevole ed indifferente ad entrambe le Muse, intento solo a vedere il mondo.

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Vetrata numero 5
“Maschera Comica Maschera Tragica”

Vetrata numero 6 “Recitazione e Mimo”, il progetto è eseguito senza la rifinitura a colori. La tavola rappresenta Clio, la Musa di storia ed canto epico insieme al putto con un burattino, entrambi su un capitello. In basso si trova Euterpe, la Musa della poesia lirica. Le Muse di questa tavola sono le prime ispiratrici del mestiere dell’attore. Euterpe patrocina la poesia lirica e quindi il saper cantare e drammatizzare il componimento poetico o la prosa. Ella suona il classico flauto. Clio tiene tra le mani un’ampia pergamena ed è colei che rende celebri, trasforma il bravo attore, il bravo regista, il bravo artista, colui che dimostra il “saper fare” nella grande personalità che, col tempo, diverrà creatura semidivina, corteggiata ed amata dal suo pubblico, identificata come figura familiare.

Il putto col burattino ricorda a tutti noi che, tra il mestiere e la celebrità, tra i meriti e gli onori vi è sempre l’ambiguo ruolo del mimo, quella figura sfumata tra realtà e finzione, che rende l’artista capace di immedesimarsi, l’artista infatti è anche colui che è in grado di “sentire” empaticamente il mondo che lo circonda.

Euterpe è sotto il capitello mentre il putto e Clio sono sul capitello; ciò perché, in ordine, verrebbe prima il “saper fare” e dopo l’onore della celebrità.

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Vetrata numero 6
“Recitazione e Mimo”

Vetrata numero 7 “Cultura Verbale”, il progetto è eseguito senza la rifinitura a colori. La tavola rappresenta una grande gerla sulle spalle di una fanciulla. La gerla è piena di fogli di carta liberi che il vento solleva e sparge in cielo, al di sopra fluttua un putto con un aquilone.

Si tratta della personificazione simbolica della cultura tramandata verbalmente. Un aspetto fondamentale della civiltà che ha attraversato i millenni, strutturando l’immaginario di tutti i popoli del mondo. La fanciulla indossa un copricapo a foggia di ferro di gondola, idea originale dell’artista per rendere omaggio alla prima donna laureata al mondo, che fu la veneziana Elena Lucrezia Cornaro. L’aquilone è un particolare importante in quanto indica che la volontà di librarsi in piena libertà nell’universo del sapere non ha senso se questa volontà non è assecondata dal bene; inoltre fu il veneziano Marco Polo a portare in occidente la notizia di questa usanza ludica nata in estremo oriente.

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Vetrata numero 7
“Cultura Verbale”

Vetrata numero 8 “Vivaldi e Casanova”, il progetto è eseguito senza la rifinitura a colori. Posto centralmente ecco un duplice ritratto-monumento dedicato a queste immense personalità veneziane che hanno oggi grande influenza nell’immaginario collettivo e che lo avranno forse per sempre, essendo il loro impegno artistico rivolto ad una modernità universale.

Vivaldi, rischiò l’oblio e venne dimentica per oltre 200 anni. Grazie ad Alberto Gentili e Faustino Curlo l’opera di Vivaldi non fu completamente dispersa. Venezia, ancora, manca di un monumento a questo fondamentale compositore.

Casanova ebbe moltissimi meriti, letterari e politici, fu personalità complessa e poliedrica ed è, assieme al prete rosso, indissolubilmente legato all’immagine stessa di Venezia ( e per fortuna! ). Manca anche per costui a Venezia un riconoscimento alla memoria. Entrambe queste figure, così complesse ed anche controverse, secondo l’artista Mario Eremita, incarnano pienamente lo spirito delle arti universali e qui, in particolare, delle arti cinematografiche.

Casanova: artista, antieroe, scaltro, scanzonato, smaliziato, dalle mille risorse, dalle mille e rocambolesche avventure e dalla profonda intensità e nobiltà d’animo. Vivaldi, artista di potente talento, precursore e riferimento per molti altri grandi, creatore di sinfonie immortali, invidiato e avversato da molti mediocri, quasi disperso nelle voragini del tempo. Sono due perfetti soggetti per il cinema!

Sotto di loro due baute ( maschere della morte ), celebrano la vittoria dei due artisti contro l’oblio. In particolare la seconda, suonando la tromba, richiama una sorta di giudizio divino che riporta equilibrio. Sopra di loro una falce di Luna sorretta da due fanciulle ed un gattino. La Luna simboleggia la fertilità, in questo contesto la fertilità nelle opere. La falce di Luna, non essendo rivolta né a levante né a ponente, è un auspicio d’eternità. La Luna è sorretta dalle fanciulle, che furono parte importante della vita di entrambi gli artisti, codeste sono Emancipazione, che è davanti alla Luna e mostra un seno e Verecondia, che si affaccia appena da dietro il satellite. Il gattino è simbolo della vitalità e della gioia.

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Vetrata numero 8
“Vivaldi e Casanova”

Vetrata numero 9 “Cultura Scritta”, il progetto è eseguito senza la rifinitura a colori ma con le tracce delle ipotetiche piombature. La tavola rappresenta una grande gerla sulle spalle di una fanciulla. La gerla è piena di libri aperti, al di sopra fluttua un putto che trattiene dei palloncini. Si tratta della personificazione simbolica della cultura tramandata per iscritto. Un omaggio a tutti gli anonimi dotti che consentirono al sapere del passato di non essere perduto tra le pieghe della storia. La fanciulla indossa un copricapo a foggia di ferro di gondola, idea originale dell’artista per rendere omaggio a Ipazia d’Alessandria martire della libertà di pensiero.

I palloncini ci ricordano come sia labile il confine della memoria e come sia solamente un sottilissimo filo a tenere insieme le conquiste del sapere codificato, il putto che trattiene quei palloncini ci rammenta che serve la curiosità dell’infanzia per indagare il mondo.

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Vetrata numero 9
“Cultura Scritta”

Suggestione della facciata del Palazzo che fu Casinò del Lido di Venezia

Ecco qui sotto due suggestioni del risultato della riqualificazione della facciata del Palazzo che fu Casinò del Lido di Venezia oggi adibito a manifestazioni d’interesse pubblico tra le quali anche la Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia. Le opere, ricchissime di riferimenti simbolici, culturali, estetici, dal passato al presente ed eseguite con mano d’evoluta sensibilità, non occupano alcuno spazio urbanistico, anzi, sono parte di un dispositivo funzionale quale le vetrate del palazzo medesimo ( avendo quindi anche il prosaico “valore d’uso”, sempre apprezzato dai pragmatici ).

Esse sono poste in una posizione di completa godibilità pur non essendo nel centro geometrico degli spazi tridimensionali. L’opportunità di renderle luminescenti, consente di far assumere loro un significato indicativo e di formidabile capacità emozionale.

Con questa soluzione possiamo introdurre l’opera d’arte del nostro tempo in un contesto in cui gli spazi sono già destinati a necessità pratiche irrinunciabili ( la sala cinematografica prefabbricata nella parte libera del piazzale ), valorizzando un manufatto di significato storico senza alcun travisamento dello stesso o del suo prospetto ( ad esempio imponendo sullo spazio antistante delle opere scultoree ) anzi, arricchendolo di una caratteristica che esso, nelle intenzioni celebrative, aveva espresso solamente a livello potenziale.

Infatti, la monumentalità della facciata centrale era sostanzialmente annichilita dalla banalità delle semplici finestrature, rimanendo il ruolo celebrativo limitato alle sole strutture portanti.

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